La parola umore viene usata per la prima volta nel 14esimo secolo per descrivere i fluidi derivanti dalle piante e dagli animali. Gli usi di questa parola ai primordi riguardavano infatti i suoi costituenti fisici. Solo nel 16esimo secolo si comincia ad usare questo temine per indicare anche tratti psicologici, poiché si credeva che la quantità di questi liquidi potesse influenzare l’attività sia fisica che mentale, come per esempio gli stati d’animo. Inizialmente nel 17esimo veniva usata con toni aggressivi e talvolta ostili per descrivere le persone con stati mentali altalenanti, poi gradualmente nel 18esimo secolo la parola umore viene usata anche con connotazioni più benevolenti per indicare le imperfezioni del mondo e le debolezze del genere umano. In questi ultimi due secoli il significato di umore, allargato anche alle connotazioni di umorismo e senso dell’umorismo ha assunto significati multiformi che si riferiscono a forme di divertimento sia positive che negative. È opinione comune che comunque si riferisca ad una forma di desiderabilità sociale. Oggi i teorici nel campo della psicologia e psicoterapia paiono concordi nell’affermare che umore e umorismo siano termini legati ad uno stato mentale di benessere, e nonostante le opinioni contrastanti riguardanti il suo uso in contesti terapeutici, possiamo affermare che la salute psicologica sia legata alla presenza di certi tipi di umorismo adattivo. Sono molte le emozioni legate all’umorismo, tra queste prime tra tutte il sentirsi creativi. Infatti, per poter avere o capire il senso dell’umorismo pare necessario avere una buona dose di creatività. In termini psicoanalitici i movimenti creativi dell’umorismo possono essere una ‘forza trainante’ che fattasi largo tra varie emozioni contrastanti (come gentilezza-aggressione, gioia-dolore, illusione-concretezza) può persino fungere da meccanismo di difesa contro l’ansia. Essere creativi è un elemento essenziale del sentirsi vivi. Infatti, la capacità di avere una ‘immaginazione creativa’ può aiutare a tollerare immagini, idee o concetti antitetici. Una visione questa largamente condivisa dal pensiero psicoanalitico, poiché si pensa che sia proprio la creatività che permetta agli individui di avere visioni differenti sulle esperienze di vita, facilitando così la tolleranza verso l’ambivalenza e l’ansia ad essa associata. Essere creativi ci permette anche di ‘giocare’ col materiale della nostra vita e col significato che gli attribuiamo, fungendo cosi da ponte tra il mondo esteriore ed interiore. Infatti, è proprio in tale contesto creativo che sorge l’umorismo. Pare dunque importante facilitarne l’espressione in contesti sociali, inclusi quelli professionali del counselling, per agevolare una migliore conoscenza di sé verso l’accettazione di quelle situazioni ed emozioni che possano essere percepite come ambivalenti e paradossali.
LETTURE CONSIGLIATE
- Christie (1994). Some psychoanalytic aspects of humour. The International Journal of Psychoanalysis. Vol. 75, pp. 479-489.
- Freud, S. (1927). Der Humour. Trans. in Italian by Daniele, S. (1985). L’umorismo. In Opere, vol. 10, pp. 499-508. Torino: C. L. Musatti & Boringhieri.
- Martin (2003). Sense of Humour. In Positive Psychological Assessment: A handbook of Models and Measures. Lopez, S. J. & Snyder, C. R. (2003) Eds. pp. 313-326. Mosak, H. H. (1987). Ah Ah Aha. The role of Humour in Psychotherapy. Muncie: Accelerated Development Inc. Publishers.
- Ruch, W. (1996). Measurement approaches to the sense of humour: Introduction and overview. Humour, 9, pp. 239-250.
- Smith, G. & Carlsson, I. (1990). The creative process: A functional model. Madison, CT: Int. Univ. Press.