Secondo la letteratura internazionale esistono sette emozioni di base: tristezza, felicità, disgusto, sorpresa, rabbia, disprezzo e paura. La nostra abilità di riconoscere e produrre queste emozioni attraverso il volto è universale. Tuttavia, quando parliamo di emozioni più complesse, come per esempio la gelosia, l’amore e l’orgoglio, il modo in cui le esprimiamo è fortemente influenzato dalla cultura. Infatti, possiamo dire che le emozioni sono modellate da fattori culturali, come per esempio idee, tradizioni e pratiche. La cultura modella i modi in cui gli individui manifestano, percepiscono e provano le emozioni, ma la loro interpretazione dipende da una serie di segnali visivi, ossia dal modo in cui vengono rese note attraverso il comportamento non-verbale (come i gesti, l’uso del tempo e dello spazio, il silenzio, il tatto, l’olfatto o l’apparenza esteriore). Questo uso dipende dai contesti culturali (spesso circoscritti da confini geografici), per esempio il modo in cui in un Paese è considerato appropriato esprimere il lutto, la tristezza o l’ansia. Infatti, la cultura fornisce struttura, linee guida e regole che ci aiutano a capire, interpretare ed esprimere varie emozioni, ma il modo in cui esse vengono esibite varia a seconda delle regole culturali in cui la loro manifestazione è ritenuta appropriata o meno. È la cultura che detta quanto e come le emozioni vadano provate e manifestate, influenzando così le esperienze individuali. Questo significa che se le emozioni universali sono facilmente riconoscibili dalle espressioni facciali, per poter interpretare in modo appropriato altre emozioni più complesse, abbiamo bisogno di tenere in grande considerazione sia i contesti culturali in cui vengono espresse che quelli di provenienza delle persone che le esprimono.
LETTURA CONSIGLIATA
Gallucci, S. (2013). “Emotive accounts of self: insight into Second Language Learning and the construction of new linguistic identities of British students in Italy”. In Rivers, D. J. & Houghton, S. A. (eds.). Social identities and multiple selves in foreign language education. London: Continuum.